Martedì, 26 Marzo 2024 11:16

E' deceduta la nostra sorella Anna Greco

ANNA GRECO

Aggregata dell’Istituto Secolare Orionino

Anna Maria Greco è nata il 21 gennaio 1938 a Pinarolo PO (Pavia) ed è morta il 22 marzo 2024, al Policlinico di Pavia, dopo un brevissimo ricovero.

Abitava in Via Monte Grappa 4, a Pinarolo  Po (PV), con le due zie che ha accudito fino alla loro morte. Da poco tempo risiedeva al Focolare Don Orione, in autonomia, presso il pensionato orionino di Fumo (PV).

Il mattino del 19 marzo. è stata trovata in gravi condizioni per cui è stata subito portata al Policlinico di Pavia. Gli è stata riscontrata una setticemia in rapida diffusione e nella notte del 20 marzo è deceduta. L'ultima a vederla nell'ospedale è stata la cugina Antonia Silva che gli era molto amica, anche lei di Pinarolo Po.

Il parroco di Pinarolo, don Gianfranco, celebrerà una Messa di Esequie il 6 aprile, alle ore 18,00. Le ceneri saranno consegnate il 4 aprile e saranno sepolte nel cimitero di Pinarolo Po nella tomba del papà Michele.

Anna Greco era persona di grande intelligenza, aveva due lauree, lavorò ad alto livello in Mediobanca e alla Deutsche Bank. Viveva a Milano fino a quando, terminato il lavoro, si ritirò a Pinerolo Po. Era mite e discreta, autonoma e molto capace. Soprattutto negli ultimi anni viveva di Dio, di preghiera, aperta, buona e generosa. Conobbe Concetta Giallongo, responsabile ISO, e ne restò molto affezionata. Fu lei a farmela conoscere e da circa 30 anni fu aggregata all’Istituto Secolare Orionino; frequentava gli esercizi e gli incontri, contenta di essersi data a Dio.

                                                                                                                                             Don Flavio Peloso FDP

Nel racconto della Passione oggi appare con evidenza che Dio ormai si è compromesso, si è affezionato all’umanità, alla mia umanità. Non si tira indietro, dà tutto per noi. Dio sa stare, Dio rimane anche se l’amarci porta alla croce mentre noi siamo sempre tentati dalla fuga. Dio si spreca per noi mentre noi rimaniamo fermi nelle nostre posizioni senza mai sbilanciarci. Dio suda sangue, sente paura e prova angoscia pur di essere solidale a noi. La forza dell’amore sta nella piccolezza. Dio è una mano che crea e ricrea senza manipolare. Dovremmo imparare a ripetere: “Gesù insegnami a stare con Te e a non pensare di potermi salvare con le mie solo forze. Gesù ridammi la giovinezza del cuore per essere, oggi, un altro Simone Cirene. Gesù prendi la mia mano mentre mi tormenta la paura di non essere nessuno, e di non essere di nessuno. Non sono capace di stare con Te, nella solitudine del Getsemani fammi spazio. Voglio stare dentro di Te per gustarti meglio, per amarti sempre meglio. Così sia!

                                                                                               Fr. Kaborepaulvincent fdp.

Gesù intercetta il desiderio dei viandanti Greci greci, così come intercetta i nostri desideri: VEDERLO! . Dove si vede Dio ? Lo si vede sulla croce, dove  consegna sé stesso.  Non a caso Dio si identifica col chicco di grano che muore sotto terra dando molto frutto (Gv 12, 24). L’ accento il Signore lo pone  sulla fecondità e non sul sacrificio. Vivere è dare la vita. 

 

Tutta la storia biblica inizia con un “sei amato e termina con un “amerai” (P. Beauchamp). Ecco una traccia incancellabile dalla nostra vita. Ci siamo perché amati. Ci siamo perché desiderati. Tutto il “resto è spazzatura” (Fil 3, 7-8). L’evangelista Giovanni sintetizza tutto all’osso: «Dio (..) ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito perché chiunque crede in lui non va perduto, ma abbia la vita eterna». Dio ha tanto amato. E’ il Dio dispendioso. «Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama» (Paul Xardel). 

 La trasfigurazione: la grazia che ci cambia dentro

«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni». È la forza della chiamata. È la forza della compagnia. Gesù chiama i discepoli e ciascuno di noi a salire più in alto. Da soli non possiamo intraprendere il cammino. Da soli non troviamo la forza per metterci in strada. Chiediamo al Signore di prenderci con sè. In fondo, c’è in tutti il desiderio di alzarci ma ci manca il fiato. Ci manca la luce. Ci mancano le ali della gratuità. Ci mancano le ali della speranza. Siamo seduti ai piedi della “montagna dello scoraggiamento”, ai piedi della “montagna della rassegnazione. Ma anche lì il Signore non ci molla.

Li condusse su un alto monte” scrive l’evangelista Marco. L’esperienza della trasfigurazione fa sperimentare la gratuità dell’amore di Dio che ci dice che ci ama fino alla donazione di sè. E ci mostra quello che gli costerà, ma neppure il prezzo pagato per noi lo distoglierà della sua missione. Scrive Paolo nella lettera ai Romani: “Dio non risparmiò niente, nemmeno suo Figlio”. Fare l’esperienza della trasfigurazione è fare l’esperienza del Dio che non si risparmia per ciascuno di noi. Siamo trasfigurati quando l’amore del Dio amante della vita rovescia i nostri criteri. Siamo trasfigurati quando ci fidiamo della Promessa di Dio. Urge mettersi alla scuola del nostro Padre nella fede, Abramo: alla scuola dell’affidamento, alla scuola della consegna di sé. Lo slancio di Abramo è questo: non trattengo nulla per me perché Dio stesso provvede.

L’atteggiamento di Pietro, poi, ci fa dire che i binari della trasfigurazione sono i binari dello stupore: “non sapeva cosa dire”. Il cristiano trasfigurato apre i cantieri faticosi dell’ascolto. “Questi è il Figlio mio, l’amato ascoltatelo!” “Ascoltate Lui!”. È un imperativo. È un sussurro. È una invocazione: per favore ascoltate Lui! Noi diventiamo la parola che ascoltiamo. È questo il cammino della trasfigurazione: questo ascolto, ore dopo ore, stagione dopo stagione, giorno dopo giorno, ci cambia dentro. E’ la Grazia che ci cambia dentro.

                                                                                                                                                              Fr. Kaborepaulvincent fdp

Dio fa storia con i nostri deserti

 I passi delle letture di oggi ci introducono nella prima domenica di quaresima: Dio fa la storia con i nostri deserti. L’essenzialità del vangelo di Marco ci sprona a ritornare all’essenziale. Scrive l’evangelista: “lo Spirito lo gettò fuori nel deserto” (Mc 1, 12). Dio sa esporsi più in là . Il deserto è assenza di sicurezza, dove può accadere il "non programmato" Gesù entra nella palestra della nostra vita per stare con i nostri lati più ombrosi. Ecco perché non possiamo sfuggire a noi stessi. Dobbiamo uscire dai nostri “castelli incantati” per sperare una terra promessa. Quanti “castelli incantati” abbiamo?  Nel deserto spesso camminiamo nell’aspettativa e dobbiamo per forza di cose mortificare  la nostra fame di controllo. Genera stupore che san Marco non specifica affatto il tipo ‹la forma› di prova che Gesù sta affrontando. È come se ci dicesse che la prova non è un ostacolo che si presenta nella vita, anzi è un’occasione. È l’occasione per tirare fuori il meglio di noi stessi, quel "meglio" che fatica a nascere. Il nostro tempo desertico e il Tempo compiuto non sono due tempi diversi. Sono due tempi che si incontrano. Nel deserto delle nostre città dove l’accidia – il subire la vita ma non vivere pienamente – cammina a velocità impressionante siamo chiamati ad accorgerci del Regno di Dio che è qui. Non lasciamoci anestetizzare dalla ricerca di tempi migliori. Ogni tempo è il tempo opportuno, ma anche ogni luogo è luogo opportuno. È Dio che capovolge i nostri criteri. “Girati per favore” dice il Signore amante della vita – ecco la conversione – per accorgerci del Suo passare. Questa è la nostra grande scommessa. Gesù ci precede nei nostri deserti e ci aspetta. Smettiamo dunque di arroccarci sulle nostre sicurezze. 

                                                                                                                                                Fr. Kaborepaulvincent fdp.

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Tutta la nostra esperienza di fede è tessuta sull’attesa del Signore ed è scandita dal grido: “Vieni Signore Gesù, maranathà!” Tutta la nostra vita è un’uscire, un andare incontro allo sposo.  

Tutte le dieci vergini prendono le loro lampade: ognuna porta con sé il proprio corpo, la propria umanità, però qualcuna "con" l’olio e qualcun’altra "senza" olio.

L’olio è lo Spirito Santo, è l’amore dispendioso. L'olio è l'amore non trattenuto. Camminare senza olio è un camminare spento. Viaggiare senza olio è un viaggio spento. Un ministero senza olio è un ministero apatico. Un servizio senza olio è un servizio che spersonalizza. Un matrimonio senza olio è un matrimonio che muore. Una politica senza amore uccide. Un volto senza olio allontana l’altro.