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Gesù, «nella sua azione pastorale», fa dell’incontro il suo stile. Sa fermarsi per affrontare il rischio a cui espone ogni incontro. Si lascia toccare dalle domande. Il dottore della legge gli chiede: «Maestro (…) qual è il grande comandamento?» (Mt 22, 36). Gesù non fa un elenco di precetti, non sciorina un litania di cose da fare. Gesù sintetizza tutto così: Ama!

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Gesù domandò loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". Distinguere, mai confondere. Distinguere mai sostituire: il primato è di Dio. Il primo posto spetta a Dio. "Ci ha chiamati per nome". Chiediamoci:  Cosa/chi regge la mia vita? Di chi sono proprietà? Dei titoli? Del ruolo?.  "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22, 20). Cosa non riesco a dare di me a Dio? Cosa non riesco a consegnargli?

Spirito Santo, luce dei cuori, aiutaci a decentrarci,a fare spazio al Dio della lavanda dei piedi. Spirito Santo soffia sui nostri sentimenti di scontentezza, di rabbia e donaci i sentimenti di Cristo.  Così sia!

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Dio è il vignaiolo ed è sempre al lavoro: non si risparmia. Cura con ostinazione ogni dettaglio della sua vigna. Visita noi, sua vigna, sorprendendoci.

Ma noi ci lasciamo sedurre dai "capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo", da altre voci e camminiamo spesso chiusi in noi stessi, sordi e ciechi emozionalmente, freddi di cuore. 

Dio, però, nonostante la nostra impermeabilità continua a perdere tempo con noi. La sua tenacia, nel Vangelo , si vede nei suoi vari tentativi nel  tessere un’ alleanza con noi. Perché Dio perde il tempo a stare dietro a me? Per una sola ragione: gli appartengo

! Quelle siepi, quelle viti, quel torchio e quella torre (Mt 21, 33-34) sono un regalo o meglio ancora, possiamo dire che tutte quelle doti, quei frutti e quelle abilità che abbiamo ricevuto, non sono neppure un regalo, ma un prestito: non sono “nostri” ma ci sono stati dati “in affitto”.

Noi invece vorremmo sentirci padroni/titolari di ciò che siamo e abbiamo. Gioca in noi una paura di fondo: non essere proprietari e titolari di ciò che ci è dato. Ci disturba il fatto che questa vita non dipenda da noi, non nasca da noi; pretendiamo di essere gli autori di tutto. E così tutti i nostri sforzi sono rivolti ad “impadronirci” della vita nostra e altrui.

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Due figli, a prescindere dalla loro risposta e disponibilita, sono sempre chiamati e riconosciuti  figli. Sono figli perché amati a dispetto di ogni loro possibile risposta ed azione. Il nostro essere figli, infatti, non è funzionale a ciò che facciamo. Il nostro essere figli non è funzionale a quanti errori abbiamo fatto o faremo. Siamo figli perché abbiamo lo stesso Dio Padre. E davanti a Dio siamo tutti mendicanti.

Nella parabola Dio esce sempre, è sempre in movimento. Dio ci cerca a tutte le ore; Dio ci tende la mano a tutte le ore: siamo chiamati. Nessuno è escluso!

Siamo tutti chiamati ad essere operai della vigna, cioè a raccogliere il frutto che è l’amore del Padre e l’amore dei fratelli. E non c’è età che tenga! Sulla piazza della vita siamo talvolta protagonisti e talvolta distratti, annoiati, spenti, seduti sul divano. Eppure Dio non smette di scommettere su di noi. Dio non smette di dirci “Io tengo a te”. “Io vado matto per te”. «Tu sei importante a miei occhi». E continua ad uscire per venirci a cercare!

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C'è una giustizia che supera la legge : si chiama PERDONO

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«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?»  Il Vangelo di oggi ci consegna “l'arte più difficile che è l’arte di stare insieme”.

Un insieme che non “omologa, non “annulla", non “strumentalizza l’altro”. Un insieme che non vede l’altro come un “potenziale nemico”.

“Nell’ora della “digitalizzazione rapida e irreversibile” corriamo il rischio di un crescente “distanziamento sociale” nella misura in cui facciamo fatica a gestire la “forza delle emozioni”. Re-imparare a “diventare umani” è la nostra sfida. L’arte di “costruire un Noi” che custodisce “la singolarità dell’altro” è la nostra impresa.

Oggi 27 agosto 2023, nella cappella della Casa Madre delle PSMC, Grazia dopo un cammino di discernimento e formazione ha emesso la sua professione perpetua. Ad accompagnarla c’era la sua famiglia d’origine ma anche la grande Famiglia Carismatica Orionina.  

Tra le vicende del mondo, i nostri cuori siano fissi la’ dov’è la vera gioia” sono le parole che il Superiore  Generale, don Tarcisio Vieira , FDP ha indicato essere l’esplicitazione più vera della caratteristica della vocazione di una consacrata secolare .  Infatti essa tenendo sempre fisso il suo sguardo sul Cristo glorioso, tenendo sempre “in alto “il suo cuore, ma le mani, i piedi, il corpo ben piantati nella storia deve rinnovare, giorno per giorno, la propria risposta personale all’amore di Dio.

Chi dici che Io sia?”. Non si tratta di un interrogativo scolastico, o di una semplice richiesta di informazione ma una domanda che cambia la direzione, l’orientamento della vita.

Dopo il rito della consacrazione, al quale hanno presenziato, tra gli altri, i Superiori Generali e Provinciali dei FDP e delle PSMC , dell’ISO e i membri dei loro Consigli, nonché la Responsabile del  Movimento Laicale, ha fatto seguito un gioioso momento conviviale e fraterno.

Nello stesso giorno in Burkina Faso anche la comunità orionina di Ouagadougou ha avuto l'onore di condividere la gioia di Edwige che ha emesso i suoi primi voti nell'Istituto Secolare Orionino durante la Messa presieduta da Padre Adolphe Mafamba.

Il giorno successivo, 28 agosto 2023, nella cappella della comunità di Ouaga si è svolta la celebrazione durante la quale Sophie ha fatto il suo ingresso in postulato nell’ISO.

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La pagina evangelica in cui si racconta del cammino compiuto dai discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-25) ci pone dinanzi un percorso, che può essere anche il nostro, in cui ciò che inizialmente ha il sapore amaro della delusione si muta in un viaggio di speranza. Si tratta ancora una volta della conversione dello sguardo.

Quello che Luca ci presenta è il viaggio “della” Grazia e “nella” Grazia; è il viaggio che raccoglie tutti i pezzi della nostra vita, anche quei pezzi che proviamo orrore e paura a guardare. Tuttavia il viaggio della Grazia illumina tutti gli scantinati della nostra vita.

Siamo sempre in cammino, in movimento; la mobilità è una caratteristica propria della vita che non accetta stalli e stasi. E ogni nostro viaggio, come i discepoli di Emmaus non è solo questione di spostamento fisico ma interiore. E in quell’andare c’è una domanda che accompagna: “Cosa mi manca?”