Venerdì, 23 Agosto 2024 17:36

L'uomo nascosto nel cuore... meditazione di mons. Corrado Lorefice alla famiglia carismatica

 

Il concetto dell’“uomo nascosto nel cuore” lo troviamo in Pt 3,4 e ad esso fa mirabilmente eco il nostro don  Orione quando dice “ Vogliamo essere bollenti di fede e di carità. Vogliamo essere santi vivi per gli altri morti a noi. Ogni nostra parola dev’essere un soffio di cieli aperti:, tutti vi devono sentire la fiamma che arde il nostro cuore e la luce dell'incendio interiore, ritrovarvi Dio e Cristo.

La nostra divozione non deve lasciar freddi e annoiati perché dev’essere veramente tutta viva e piena di Cristo.   Seguire i passi di Gesù fin sul Calvario, e poi salire con Lui in Croce o ai piedi della Croce morire d’amore con Lui e per Lui. Avere sete di martirio. Servire negli uomini il Figlio dell’Uomo. Per conquistare a Dio e afferrare gli altri occorre, prima, vivere una vita intensa di Dio in noi stessi, avere dentro di noi una fede dominante, un ideale grande che sia fiamma che ci arda e risplenda; rinunciare a noi stessi per gli altri; ardere la nostra vita in un’idea e in un amore sacro più forte.”

Nessuno che obbedisca a due padroni - ai sensi e allo spirito - potrà mai trovare il segreto di conquistare le anime. Dobbiamo dire parole e creare opere che sopravvivano a noi.

Quell’uomo nuovo nascosto nel cuore risuona altresì nei seguenti testi biblici:

  • In Rm 7,15-25 Dove Paolo ricorda che “non quello che voglio io faccio … c’è in me il desiderio del bene non la capacità . E quando voglio fare il bene… il male è accanto a me. Acconsento alla legge di Dio secondo l’uomo interiore. Con la mente servo la legge di Dio, con il cuore il peccato.

L’uomo interiore è Cristo stesso presente in noi. Bisogna partire dall’uomo interiore; ciò che oggi manca è proprio lo spessore dell’uomo interiore, ciò che il papa chiama “imborghesimento”

  • In 2Cor 4,16-28 Paolo afferma che “se anche l’uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.
  • In Ef 3,14-19 , poi esordisce dicendo : Io piego le ginocchia davanti al Padre perché vi conceda di essere potentemente rafforzati, nel suo spirito, nell’uomo interiore…e conoscere l’ampiezza…

Rendiamoci conto che corriamo sempre il rischio di perdere il cuore della chiamata cristiana. È Cristo l’uomo nuovo che deve vivere in noi.

In 1Pt3-4 l’autore sta facendo le raccomandazioni alle donne, secondo gli schemi tipici del tempo, indicazioni datate, ma nel mezzo di esse, viene chiesto a tutti di perseguire un percorso significativo e impegnativo: non cercare l’esterno bensì l’uomo nascosto nel cuore. Dove Cuore non fa riferimento all’affettività ma all’intelligenza e alla volontà.

Già nel 1994 Dossetti, commemorando Lazzati e facendo riferimento all’impegno dei cristiani nella politica, sottolinea che la partenza oggi indispensabile è dichiarare guerra all’esteriorità e riconoscere l’assoluta priorità dell’interiorità. Dove  assoluta priorità dell’uomo interiore non significa certo fuga dalla realtà.

Scrive Rahner: "Il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà nemmeno cristiano". (Mistico è chi vive un rapporto personale, diretto e familiare con Dio). Guarda a Gesù per diventare quello che sei. La relazione con Gesù porta alla divinizzazione della nostra umanità. Cristo abita in noi ed è lui l'uomo nostro cuore: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Senza Cristo siamo uomini disumanizzati. "Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa egli pure più perfetto".

Ciò che deve caratterizzare l’interiorità è il rapporto personale con Dio, una spiritualità come servizio al mondo,  e una nuova ascetica della libertà. Rischiamo di abbassare il livello per cadere nella schiavitù, nella rinuncia alla libertà.

Dice Gesù a Nicodemo: “Se uno non nasce dall’alto …” : ed  è un “alto” che fa riferimento proprio all’interiorità, allo spessore umano.

Purtroppo bisogna riconoscere che spesso, dal modo in cui i consacrati si relazionano tra di loro si vede l’abbassamento della spiritualità. Umanizzazione e interiorità sono proprie dei discepoli di Cristo: dovrebbero essere anche i nostri distintivi! Guardare a Gesù Messia significa guardare all’antropologia umana, significa essere riportati alla questione di fondo: “diventa ciò che sei!”

Ora la forza che scaturisce dalla potenza di Gesù, se curiamo la nostra familiarità con Lui, è proprio la divinizzazione della nostra umanità

In Ef 3,14.19 Paolo ricorda che, in fondo, essere rafforzati nell’uomo interiore equivale ad un radicamento nella carità : è Cristo stesso il nostro uomo interiore.

Dobbiamo lasciarci rivestire da Cristo. Stiamo, invece, perdendo di vista il tema della divinizzazione e in questo dobbiamo essere vigilanti: siamo chiamati ad essere uomini e donne ma secondo l’uomo Cristo Gesù. La cristificazione dell’uomo si fonda sull’Incarnazione . Cristo  si fa uomo perché l’uomo possa essere cristificato. Si tratta di un percorso che si compie attraverso i sacramenti , primo fra tutti il battesimo e poi anche l’Eucaristia.

Così il dono si fa compito. Molte volte ciò che portiamo avanti è sterile perchè non c’è il gemito dell’uomo nascosto nel cuore. Gemito che non ci sarà mai se non lasciamo che Cristo bonifichi la nostra logica umana.

Spesso siamo spenti e non è certo la carità a spingerci innanzi. E’ su questo che dobbiamo verificarci e riattivare la nostra cristificazione. Quanta spiritualità autoreferenziale c’è in noi! Urge passare dal moto centrifugo del cuore, palude di relazioni schiavizzanti, al cuore centripeto di Cristo, ad una spiritualità pneumatica.

 I battezzati, e per di più i battezzati/consacrati non possono ridursi ad essere “falsi vivi che sono un’assenza terribile”. E’ triste vedere un consacrato che fa sue le parole: “Come è che mi sono fidato di un vivente che è stato incapace di durare? E di un defunto che non ha un corpo? Dio è ciò che è umano nell’umano ed è per questo, forse che è così raro.

Spiritualità è dare a Gesù la possibilità di dare aria ai nostri polmoni. Il cristianesimo non è un’etica ma una relazione che cambia la vita: è considerandolo un’etica difficile che spesso abdichiamo.