Beatriz Francisca Rodríguez nata l’11 marzo del 1934. E’ stata accolta nell’Istituto Secolare Orionino nel 1981, emettendo i Primi Voti il 15/11/1983, e i Voti Perpetui il 22/11/1998. Rimase sempre fedele nonostante la sua salute cagionevole. Riposi in pace nell'abbraccio del Padre
Preghiamo per l’anima di Beatriz secondo quanto disposto dalla Regola di Vita
“I vincoli di amore e di carità non si rompono con la morte. Ricevuta la notizia della morte di una sorella, ogni orionina offrirà la partecipazione ad una S. Messa e tre rosari in suo suffragio. Ogni gruppo regionale, farà celebrare una S. Messa. Ogni anno, durante gli Esercizi Spirituali, una giornata sarà dedicata al suffragio delle sorelle defunte” ( Regola di Vita, art. 42.)
«Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi (…) e per la strada interrogava i suoi» (Mc 8, 27). Il maestro è in strada. La strada diventa una chiesa aperta senza banchi. Il Nazareno ama la strada della vita: strada dei progetti, dei sentimenti, delle aspirazioni e dei desideri. Tutte queste strade hanno una caratteristica in comune: Sono la strada dell'imprevedibilità. Sono l'itinerario dell’inatteso.
Sono il percorso dell’inaspettato. Ed è lì che una parola sotto forma di domanda ci ospita, ci accoglie. Siamo tutti ospitati, accolti, da questo interrogativo: «Ma voi chi dite che io sia»? È come se Gesù ci dicesse: volete giocare tutto su di me? C'entro qualcosa con la tua storia? O meglio, tocchi dentro di te le false immagini che tu nutri di me? «Vivi le domande ora.» Scrive Rainer Maria Rilke.
Prendere su di sé le sofferenze dell’altro- divenendo altri Messia
I 2 INNI CRISTOLOGICI: Fil 2, 3-11 ; 1Pt2, 21-25 narrano la postura relazionale di Dio in Cristo, ci dicono come sono le relazioni in Dio e come Dio le pone nei confronti degli uomini.
Il testo di Rm 8,19 , poi sottolinea come l’ardente aspettativa della creazione ( ossia la vita concreta della gente con i suoi sconvolgimenti) è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio: “la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio”
C’è un travaglio , un gemito ed il Messia è colui che fa suo questo travaglio, questo gemito dell’uomo
Parafrasando 2Cor 5,14-21, possiamo affermare che di fronte a questo travaglio dell’umanità, l'amore del Cristo deve spingerci a non vivere più per noi stessi, ma “per colui che è morto e risuscitato” per noi e a custodire il ministero della riconciliazione che ci è stato affidato.
Quando Paolo parla di “ RICONCILAZIONE “ intende parlare del “MINISTERO DELLO SCAMBIO”. Scambio in quanto Gesù da ricco si fece povero, da Dio si fece uomo…ci ha scambiati e con il ministero dello scambio ci ha consegnato un modo “particolare” di assumere le relazioni, quello di “prendere su di noi” . Gesù ha preso su di sé il nostro peccato, anzi si è fatto peccato.
La concezione di Messia e quella del Messia sofferente apre la strada ad una visione umana dove la libertà del soggetto non è l’affermazione del proprio “io” bensì la “responsabilità di farsi carico dell’altro”. Dobbiamo riappropriarci della nostra messianicità e del titolo di cristiani che portiamo .
Direbbe Levinas : “Non l’
Secondo questa logica si è svolta la vita di Luigi Orione che ha fatto sue le sofferenze dell’altro .
Per Levinas il Messia è colui che prende su di sé le sofferenze dell’altro rendendone possibile la sopravvivenza.
E’ colui che “arrischia” la vita, colui che si avvicina a me; è il re che non comanda più dal di fuori, ma si abbassa, diventa peccato, si “chenotizza”, il Giusto che soffre e prende su di sé la sofferenza dell’altro. Levinas arriva a dire “Sono io il Messia” nella misura in cui prende su di sé la fatica dell’altro.
E’ qui il ministero dello SCAMBIO che ci è stato affidato. Bisogna sempre partire dall’altro (cfr Is 61 – Lc 4) Stiamo dimenticando il modo in cui Gesù è Messia e il modo in cui ci viene chiesto di essere dietro a Lui messianici. Ognuno di noi deve agire come se fosse il Messia. Essere io è essere Messia. Esserci per l’altro. Dio lo incontriamo nell’esser-ci- per- altri di Gesù
Paolo, parlando dello scambio tra la divinità e l’umanità, ci dice che il vero cristianesimo è dove viene realizzato il ministero dello scambio, della riconciliazione, dove l’altro è assunto nella sua estrema diversità.
(cfr Rm 8, 17) Il cristianesimo è una visione della storia riscattata dal maligno, è un prendere parte al travaglio della storia: ecco perchè ci indigniamo se dei naufraghi vengono lasciati morire in mare, ci indigniamo e portiamo su di noi, e facciamo nostro quel travaglio.
Turoldo ci direbbe: “Io non sono ancora il Cristo e non sono ancora uomo ma sono questa infinita possibilità”
Scopo del cristianesimo non è altro che la trasfigurazione della persona in Cristo.
Turoldo parlando di Cristo così si esprime: “Sei il fuoco che mi divora, sei il mio ininterrotto rimorso ma allo stesso tempo, sei la mia folle gioia, Figlio di Dio. Impossibile amarti impunemente.”
Mons. Lorefice con queste sue meditazioni ci sta conducendo a fare “teologia della compassione”. Dove per teologia si intende il sintonizzarsi su quello che Dio dice su di sé, una sintonizzazione che ci chiede umiltà. E dove per “compassione” si intende l’assimilazione dei sentimenti di Gesù, “roba” tutt’altro che semplice .
In questi giorni di grazia, Dio ci ha fatto entrare nelle sue viscere. La “teologia della compassione” ci sta riconsegnando un’etica della sensibilità e un’etica messianica: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù”. Quel Cristo che ci chiede di “dare noi stessi da mangiare alla folla”, che “spezzando fa crescere e distribuendo moltiplica”.
(Alda Merini)
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Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese:
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».
Il testo ci porta su una strada dove spesso i briganti fanno vittime. Sacerdote e levita non possono contaminarsi con il sangue, passa pure un samaritano, un eretico che non è tenuto a soccorrere il malcapitato, che invece si ferma. E fermandosi anche lui accetta di correre dei rischi. Si ferma e rischia. Il samaritano è solo e si accosta comunque quasi a dirci che, solo accostandoci con il cuore e la mente si può vedere il reale bisogno dell’altro. Spesso Gesù ha corso il rischio di camminare: la strada non è mai sicura e ed è anche un rischio accostarsi. Gesù - samaritano corre entrambi i rischi: prende su di sé le nostre malattie.
Partire e fermarsi è la sapienza dell’alternanza: per tutto c’è un tempo. Il samaritano non ha mezzi specifici per il soccorso ma usa quello che ha : soccorre il ferito e non facendo l’impossibile , ma facendo il possibile e facendolo “al meglio” Il samaritano vive la sapienza della prossimità umile, non sa cosa sia l’ostentazione dell’eclatante. Si fa carico dell’altro, gli dà spazio nella sua stessa vita, conosce la condivisione infatti non si riserva l’esclusiva del curare il malcapitato e lo porta alla locanda. Come dovremmo dichiarare guerra al nostro “Io voraginoso”!
Cirillo di Alessandria identifica la locanda con la chiesa ed il samaritano con Cristo
Compito delle nostre comunità- locanda, della Chies-locanda, del carisma- locanda è di prendersi cura di tutti coloro che vengono portati e che hanno bisogno di compassione.
Siamo chiamati ad essere non solo “samaritani” ma anche “locanda”. In questa pagina la locanda anche se messa sullo sfondo mostra la sua azione importante, la sua funzione decisiva: accogliere gli scarti. In che modo dobbiamo prenderci cura delle ferite dell’uomo di oggi? Ciascuno deve il suo contributo alla Chiesa – locanda perché possa essere samaritana e pastora.
In Matteo 25 Gesù afferma che la benedizione riposerà su chi , servendo i fratelli lo avrà accolto , ospitato, gli avrà dato da mangiare…: l’accoglienza
L’accoglienza dello straniero non è una semplice opera buona ma l’occasione per vivere un rapporto personale con Gesù. Si deve precisare che tutti siamo stranieri e tutti , al tempo stesso, siamo cittadini; senza, ovviamente, disconoscere le fatiche che deve affrontare chi viene da altre latitudini.
Gesù nel suo camminare incontra diversi stranieri. Una straniera che entra in relazione con Lui è, ad esempio, la donna cananea (Mt 15,21- 28)
“Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.
Il silenzio di Gesù dinanzi a questa donna disperata sorprende; mai prima d’ora egli si era rifiutato di guarire i malati. Questo silenzio ci scuote, non dobbiamo temere di ammetterlo. Entrano in scena gli apostoli a perorare la causa della donna, ma Gesù resiste pure a loro. «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».
La donna però non si arrende. Gesù insiste con lo stesso argomento. I giudei chiamavano cani i pagani e Gesù era giudeo, inserito in quella cultura.
La donna riconosce di meritare di essere esclusa, non si arroga diritti e Gesù è costretto a riconoscere la fede della donna e compie la guarigione. Gesù si lascia interpellare dalla cananea, e Lui che è il Maestro si lascia ammaestrare e non si chiude in se stesso sebbene seguendo seguire la cultura del tempo avrebbe potuto farlo. Possiamo dire che Gesù davanti a quella donna si “converte”, nel senso che cambia il suo modo di pensare. Nella Bibbia, del resto, quante volte Dio “si converte” e non compie il male minacciato!
Matteo in questo brano ci consegna la profondità del cuore di Gesù, cuore nel quale vince sempre la compassione, a maggior ragione se trova cuori credenti.
Ciò dice a noi che è possibile attuare soluzioni diverse da quelle pensate, tutto dipende dalla fiducia che nasce dall’ascolto. La soluzione nasce sempre dalla relazione che ci apre alla creatività e fa leva sulla memoria
La sensibilità di Gesù, in quanto uomo, nei confronti degli stranieri possibilmente l’avrà respirata da Maria e Giuseppe, dai suoi genitori.
Quando Gesù si trova straniero in terra d’Egitto, chissà se i suoi genitori gli hanno raccontato delle fatiche che hanno dovuto affrontare in quanto stranieri in terra straniera!
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Il 18 novembre 2017 si è concluso a Roma, presso la casa dei Fratelli delle Scuole Cristiane, l'incontro organizzato "dall'Associazione Famiglie Carismatiche" .Sono stati giorni pieni di entusiasmo e speranza che ci hanno impegnato a riflettere su:
- conoscere di più le Famiglie Carismatiche
- sensibilizzare alla comunione, alla formazione e alla collaborazione
- agire con più significatività nell'evangelizzare secondo i propri carismi.
Tali incontri sono in atto da diversi anni e sono nati sotto l'impellente invito di Papa Francesco a vivere "in comunione" non solo dentro la propria Famiglia Carismatica (religiosi e laici) ma con tutte le Famiglie Carismatiche presenti nella Chiesa, affinchè, in questa epoca, la Vita Consacrata sia autentica presenza profetica.
Si sta svolgendo presso Villa San Biagio (Fano ) l'incontro nazionale dell'ISO italiano. Don Vincenzo Alesiani, FDP, già Assistente Generale dell'Istituto ha accolto le partecipanti nel giorno in cui la chiesa celebra la visitazione di Maria ad Elisabetta(31 maggio). Un evento liturgico, questo, che orienta la vocazione secolare consacrata (scarica il testo)
In questo Anno della Fede , in cui il Papa ha invitato i credenti a riscoprire la bellezza dell'essere cristiani, anche le consacrate dell’ISO si sono soffermate ad approfondire questo tema.