Il Papa prendendo ad icona la pazienza con cui il vecchio Simeone attende l’arrivo del Salvatore, invita ciascuno a saper attendere e pazientare "in tre luoghi":
- Nella vita personale: Può capitare, nella nostra vita di consacrati, che la speranza si logori a causa delle aspettative deluse. Dobbiamo avere pazienza con noi stessi e attendere fiduciosi i tempi e i modi di Dio: Egli è fedele alle sue promesse. Ricordare questo ci permette di ripensare i percorsi, di rinvigorire i nostri sogni, senza cedere alla tristezza interiore e alla sfiducia. La tristezza interiore in noi consacrati è un verme che ci mangia da dentro. Bisogna fuggire dalla tristezza interiore”
- Nella vita comunitaria: “A volte nascono dei conflitti e non si può esigere una soluzione immediata, né si deve giudicare frettolosamente la persona o la situazione: occorre saper prendere le giuste distanze, cercare di non perdere la pace, attendere il tempo migliore per chiarirsi nella carità e nella verità. Il Signore non ci chiama ad essere solisti ma ad essere parte di un coro, che a volte stona, ma sempre deve provare a cantare insieme”
- Nei confronti del mondo: Simeone e Anna non intonano il lamento per le cose che non vanno, ma con pazienza attendono la luce nell’oscurità della storia. Abbiamo bisogno di questa pazienza, per non restare prigionieri della lamentela che imprigiona. A volte succede che alla pazienza con cui Dio lavora il terreno della storia e del nostro cuore, noi opponiamo l’impazienza di chi giudica tutto subito. Così perdiamo la virtù della speranza, semplicemente per impazienza.
La pazienza ci aiuta a guardare noi stessi, le nostre comunità e il mondo con misericordia. Sono sfide per la nostra vita consacrata: noi non possiamo restare fermi nella nostalgia del passato o limitarci a ripetere le cose di sempre, né nelle lamentele di ogni giorno. Abbiamo bisogno della coraggiosa pazienza di camminare, di esplorare strade nuove, di cercare cosa lo Spirito Santo ci suggerisce. E questo si fa con umiltà e con semplicità.