Tutte le volte che riceviamo la comunione diventiamo “tabernacoli viventi”, della cui mediazione il Signore si serve e ha bisogno per raggiungere l’uomo.
Dovremmo sempre porci una domanda: “Cosa farebbe Gesù al mio posto?” Certi che nel Vangelo ci sono tutte le risposte a tutte le situazioni difficili che ci si possono presentare dinanzi. E dovremmo abbandonare la pretesa di crederci sempre sulla strada giusta. La Parola di Dio, della liturgia odierna, (Mc 12, 18-27), termina proprio con l’espressione: “Voi siete in grave errore”.
E’ la Sacra Scrittura l’unica indicazione sicura!
Ai poveri noi pretendiamo di dare ciò che ci sembra giusto ma finiamo col non dare loro ciò di cui hanno veramente bisogno. Non seguiamo, infatti, la logica dell’amore, la logica che intuisce le vere necessità e le soddisfa. Proprio come fa una mamma col suo bimbo appena nato.
Quando noi non amiamo operiamo seguendo la nostra testa e inevitabilmente sbagliamo.
Quando Papa Francesco invitò, nell’aula Paolo VI, 1600 senza tetto si preoccupò che gli ospiti fossero ricevuti con tutti i riguardi , avendo persino cura che il cibo da servire fosse adatto a gente che in molti casi non aveva denti. Carità è dare il meglio ,non ciò che avanza o non serve e tenendo conto di ogni tipo di diversità. Se si ama veramente lo si capisce dal " modo" in cui si tratta il povero: se gli si lancia una monetina avendo cura di non sfiorare quel corpo spesso poco profumato, se lo si accosta frettolosamente senza rivolgergli uno sguardo o scappando via di corsa… è chiaro che non lo si ama affatto.
In questo tempo di pandemia, avremmo dovuto essere più creativi in carità, anche perché rispettando pedissequamente le regole sociali ci è stata data la possibilità di essere più sani ma il Vangelo ci chiedeva di essere più santi.
La carità è strettamente legata alla “fantasia del Vangelo” , il quale non ci presenta i discepoli come gente “eroica” e “santa” (gli “amici” di Gesù cercavano chi potesse sedere alla destra o alla sinistra del Padre, non volevano sentir parlare di croce…) ma , dopo la resurrezione ce li mostra totalmente diversi, non più ripiegati su se stessi ma protesi verso il mondo.
Quando Gesù rivede Pietro non gli chiede nulla del suo rinnegamento ma gli pone solo una domanda: “Mi ami tu?”
E dopo la resurrezione Gesù mostra le sue ferite dicendo : E’ così che vi amo. E i discepoli diventano "pazzi di Gesù", canali di guarigione,negli Atti si racconta che l’ombra di Pietro riusciva a guarire i malati.
Ma noi siamo pazzi di Gesù?