Sintesi dell'Enciclica "CARITAS IN VERITATE" di Benedetto XVI

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A cura di Rosita.

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"La Carità nella verità, di cui Gesù s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e resurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera. (...) In Cristo, la carità nella verità diventa il Volto della sua Persona, una vocazione per noi ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto. Egli stesso, infatti, è la Verità" (1).

 

Inizia, così, Caritas in Veritate, Enciclica indirizzata al mondo cattolico e a tutti gli uomini di buona volontà.

 

Il Primo Capitolodel documento tratta de "Il Messaggio della "Populorum Progressio" di Papa Paolo VI che ribadì "l'imprescindibile importanza del Vangelo per la costruzione della società secondo libertà e giustizia (...) e indicò nello sviluppo, umanamente e cristianamente inteso, il cuore del messaggio sociale cristiano"  proponendo "la carità cristiana come principale forza a servizio dello sviluppo" (13). Il Pontefice evidenzia che "le cause del sottosviluppo non sono primariamente di ordine materiale". Sono da ricercare innanzitutto nella volontà, nel pensiero e ancor più "nella mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli" (19).

 

"Losviluppo umano nel nostro tempo" è il tema del Secondo Capitolo. Osserva Benedetto XVI: "l'esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo rischia di distruggere ricchezza e creare povertà". Il Papa enumera alcune distorsioni dello sviluppo: "un'attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra". Dinnanzi a tali problemi interconnessi, il Papa invita ad "assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno  di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore". Egli invoca "una nuova sintesi umanistica" (21), constatando che: "lo sviluppo è oggi policentrico: (...) cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità (...) e nascono nuove povertà" (22). Benedetto XVI rivolge poi il pensiero allo scandalo della fame ed afferma che "eliminare la fame nel mondo è divenuta, nell'era della globalizzazione, anche un traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta". Egli auspica "un'equa riforma agraria nei Paesi in via di Sviluppo" e sottolinea la necessità che "maturi una coscienza solidale che consideri l'alimentazione e l'accesso all'acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni, né discriminazioni" (27). Benedetto XVI tiene a sottolineare che il rispetto per la vita "non può in alcun modo essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli.(...) Non solo la situazione di povertà provoca ancora in molte regioni alti tassi di mortalità infantile, ma perdurano in varie parti del mondo pratiche di controllo demografico da parte dei governi, che spesso diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l'aborto. Nei Paesi economicamente più sviluppati, le legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista che spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un progresso culturale. (...) L'apertura alla vita è al centro dello sviluppo. Quando una società s'avvia verso la negazione e la soppressione della vita finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell'uomo" (28). Un altro aspetto legato allo sviluppo è il diritto alla libertà religiosa. "Le violenze - scrive il Papa -  frenano lo sviluppo autentico", ciò "si applica specialmente al terrorismo a sfondo fondamentalista, che genera dolore, devastazione e morte, blocca il dialogo tra le Nazioni e distoglie grandi risorse dal loro impiego pacifico e civile" (29). 

 

"Fraternità, sviluppo economico e società civile" è il tema del Terzo Capitolo dell'Enciclica, che si apre con un elogio dell'esperienza del dono. " La  gratuità è presente nella vita dell'uomo in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell'esistenza. (...) Lo sviluppo economico, sociale e politico, ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità" (34). Il Papa sottolinea con forza che ciò vale in particolare per il mercato: " la logica mercantile va finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. (...) La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell'etica sociale, quali la trasparenza, l'onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica" (36).

 

Nel Quarto Capitolo, l'Enciclica affronta il tema dello "Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente". Il Papa ricorda: "la solidarietà universale, che è un fatto e per noi un beneficio, è altresì un dovere.  Molte persone, oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a maturare una responsabilità per il proprio e l'altrui sviluppo integrale. Per questo è importante sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio". Per questo "i Governi e gli organismi internazionali non possono dimenticare l'oggettività e l'indisponibilità dei diritti. Quando ciò avviene, il vero sviluppo dei popoli è messo in pericolo". (43).  A riguardo, si  sofferma sulle  problematiche  connesse con  la  crescita  demografica e sottolinea  la necessità per gli Stati di "varare politiche che promuovano la centralità e l'integrità della famiglia" (44).  "L'economia - ribadisce ancora il Pontefice - ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi bensì di un'etica amica della persona" (45). La  centralità della persona, afferma, deve essere il principio guida "negli interventi per lo sviluppo" della cooperazione internazionale (47).  A proposito il Papa esorta gli organismi internazionali "ad interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi. Capita talvolta che (...) i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche che riservano per la propria conservazione percentuali troppo elevate di quelle risorse che invece dovrebbero essere destinate allo sviluppo. In questa prospettiva, sarebbe auspicabile che tutti gli Organismi internazionali e le Organizzazioni non governative si impegnassero ad una piena trasparenza, informando i donatori e l'opinione pubblica circa la percentuale dei fondi ricevuti destinata ai programmi di cooperazione, circa il vero contenuto di tali programmi, e infine circa la composizione delle spese dell'istituzione stessa" (47). Il Papa, poi, ricorda che "il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale" (48) ed afferma con forza: " il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell'ambiente naturale, quando l'educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell'ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale" (51).

 

"La collaborazione della famiglia umana" è il cuore del quinto capitolo, dove si legge: " una delle più profonde povertà che l'uomo può sperimentare è la solitudine.  A ben vedere anche le altre povertà, comprese quelle materiali, nascono dall'isolamento, dal non essere amati o dalla difficoltà di amare". Benedetto XVI evidenzia che "lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro" (53).  Il Papa poi afferma: "la religione cristiana e le altre religioni possono dare il loro apporto allo sviluppo solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica. (...) L'esclusione della religione dall'ambito pubblico come, per altro verso, il fondamentalismo religioso, impediscono l'incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell'umanità. (...) Nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo e di una proficua collaborazione tra la ragione e la fede religiosa. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede, e questo vale anche per la ragione politica, che non deve credersi onnipotente. A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano. La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell'umanità" (56). Benedetto XVI esorta poi gli Stati ricchi a "destinare maggiori quote" del Prodotto Interno Lordo per lo sviluppo, rispettando gli impegni presi (60). Il Papa affronta anche il fenomeno "epocale" delle migrazioni: "ogni migrante è una persona umana che possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione" (62). Il Pontefice mette poi in evidenza il nesso tra povertà e disoccupazione e rilancia l'appello di Giovanni Paolo II in favore del lavoro decente, e cioè "un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa" (63).

 

Il sesto ed ultimo capitolo è incentrato sul tema: "Lo sviluppo dei popoli e la tecnica". Si legge: "lo sviluppo tecnologico può indurre l'idea dell'autosufficienza della tecnica stessa quando l'uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sé. (...)La tecnica attrae fortemente l'uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l'orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale" (70). Il Papa ricorda: "campo primario e cruciale della lotta culturale tra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. (...) Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo assieme salveranno l'uomo (74).

 

Nella Conclusione il Papa ammonisce: "Solo se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli e in quanto comunità a far parte della famiglia di Dio come suoi figli, saremo anche capaci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale. La maggiore forza a servizio dello sviluppo è quindi un umanesimo cristiano, che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità, accogliendo l'una e l'altra come dono permanente di Dio. La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso (78).